Saggio brevissimo in forma di dialogo tra i filosofi Freud e Jung sull'astruso concetto di una vita dopo la morte al proprio funerale.

Atto unico

Su due sedie di legno poste una di fronte all'altra sono seduti Freud e Jung. Freud fa volteggiare nell'aere a intervalli regolari una moneta da mezzo dollaro d'argento del 1879,mentre Jung calza delle scarpe numero 73 e tiene in mano una pipa dalla quale esce un fiore di campo di plastica arancione. Jung parla con la voce di Stanlio.

Freud: (starnutisce)
Jung:
Gesundheit.
Freud:
Dankeschön.
Jung: sai, ci sono momenti nella vita di un filosofo, e tu mi puoi capire, che uno si chiede, come sarebbe se ci fossi, che cosa succederebbe se vi potessi presenziare, a quei momenti.
Jung: m.
Freud: C'è questo momento in particolare che mi stavo chiedendo: se in effetti ci fossi, che cosa vedrei?, e mi rendo conto che è un momento al quale vorrei presenziare.
Freud: ci sono momenti che se ti impegni, ce la puoi fare, a presenziare.
Jung: si, però c'è questo momento al quale, anche volendo, non si potrebbe presenziare. C'è in effetti questo particolare momento, il cer
imoniale della mia dipartita dal mondo terreno, al quale non presenzierò mai, io, mentre gli altri, magari, come un ischerzo del destino crudele e cinico, si.
Freud: il che evidentemente ti fa rabbia.
Jung: non totalmente.
Freud: no?
Jung: no. Perché, in fondo, spero che a questo momento presenzino meno persone possibile, per l'impossibilità fisica di partecipare
in quanto naturalmente estinte, passate cioè a miglior vita, se miglior si può definire; cioè, morte.
Freud: a meno che non si possa presenziare sotto forma di ectoplasma.
Jung: grazie al cazzo, così allora potrei presenziare anche io.
Freud: ah, beh si.
Jung: ...
Freud: comunque secondo me sei anale.

Jung: ...
Freud: ...
Jung: che ragazzino che sei. Sempre ad attaccarti a queste cose che.
Freud: ...
Jung: ...
Freud: anale, guarda. Sono sincero.

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