Monogatari 1.

Cerca di capire perché è solo nel parcheggio eppure sente dei rumorini. Gli è venuta la voglia di capire da dove vengano quei cazzi di rumorini. Sono tubi che si allargano, gocce che cadono, cose che strisciano.

Nel parcheggio c’è poi una sensazione di vuoto, anche se ci sono le macchine, e di afa umida, anche se è Dicembre. E buio, anche se ci sono i neon. I neon, dalla loro, non aiutano, tendono a essere un po’ cupi, come del resto i rumorini, la sensazione di vuoto, l'afa umida; come tutto il parcheggio, in definitiva.

Sta vicino al furgone, e con una sigaretta in mano; guarda la sigaretta, indeciso se accenderla o no, indeciso se sperare in un ritardo oppure sperare in una veloce apparizione del collega. Nel furgone, ha le chiavi l’altro, non si può entrare, si è chiusi fuori.

Guarda la sponda di cemento del piano, indeciso se andare verso lì o rimanere qui. Indeciso sul da farsi, ma più che altro annoiato. Scontroso e annoiato. Indeciso se prendere una decisione, annoiato dal fatto di dover decidere. Parte la coda dell’occhio verso la sponda, parte l’idea, parte il cervello e quasi parte il comando, c’è da togliere il freno a mano.

Ma invece c'è solo la frizione del cervello che slitta, e lui rimane fermo, avvolto da spire rosa e arancio, le calde e tenere e soffici spire dell'indecisione.

Gli è venuta voglia di pisciare, ma non per davvero, ha pisciato circa mezz'ora fa, e si ricorda, e infatti la voglia di pisciare gli passa quasi subito, razionalmente.

Allora guarda la sigaretta, indeciso se accenderla o no. Guarda la sponda di cemento. Guarda la mano, la infila in tasca, c’è l’accendino di plastica rossa, non vede l'accendino e non vede il colore della plastica della quale l'accendino è parzialmente composto, ma sa che c’è. Sa che è rosso, perché si ricorda di averlo comprato di plastica rossa, insieme alle sigarette, prima. Guarda la porta, un decimo di secondo prima che i rumori di gocce e cose che strisciano e tubi che si allargano smettano di allargarsi e strisciare e gocciare.

Smettono, i rumori, e si sente solo un rumore più forte e inciso dietro alla porta di metallo pitturata in modo da sembrare il muro. Come di una persona che vuole aprire quella porta di metallo. Ma nessuno la apre, perché da dentro i rumori sono stati improvvisamente cancellati (quelli che timidamente si erano riaffacciati) da un acuto trillo di un cellulare vecchio, di quelli col trillo acuto, e vecchio.

TRRRRRRR. TRRRRRRR. TRRRRRRR. TRRRRRRR. TRRRRRRR.

Poi da dentro si sente un tonfo, e il trillo acuto aumenta di intensità, e qualcuno che dice: bls? Poi silenzio, e poi cose indistinte: blslsvllsvlssssssblsvlsblsv?

Gli è venuta di nuovo la voglia di accendere la sigaretta, proprio ora, come se fosse una corsa contro il tempo; allora si accende la sigaretta con l’accendino, estratto dalla tasca. La sigaretta è bianca col filtro giallo, ma sembra lilla col filtro beige, alla luce di questo neon. L’accendino sembra anche quello lilla, perchè è bianco, e non rosso come si pensava, e alla luce del neon però è lilla, come la parte bianca della sigaretta.
La fiamma è sempre blu e gialla.

Si sente, da dietro alla porta di metallo, blbsvblsvslvb. Poi, silenzio, quindi evidentemente, fine comunicazione. La porta di metallo verniciata di muro viene armeggiata di nuovo, clong, si sente, è il suono del maniglione antipanico, per aprire e uscire fuori. Fuori nel parcheggio, cioè.
La prima boccata della sigaretta, intanto, risulta sempre la migliore, e da piccoli si faceva a gara per accendere la sigaretta. Anche la seconda non è male, però.

Cerca di capire perché si senta come un rumore di mare ora. Non è il mare. È impossibile, nel parcheggio.

Quello ha aperto la porta ed è uscito, è basso e con una pancia tonda e prominente, porta la tuta blu con la zip aperta fino alla vita come se fosse un idraulico in pausa pranzo, porta anche dei baffi in maniera casuale, sembrano infatti attaccati con la colla, anzi, attaccati male con la colla, è una faccia che non si addice ai baffi, sembrano baffi di scena.
Quello si avvicina al furgone con una borsa di tela scura e una camminata da un attore famoso che ora non gli viene in mente che attore è, ma sempre da attore famoso generico. Magari un certo attore famoso un pò sporcato con altre camminate di altri attori famosi.

Quello dice, ciao, tu sei. E dice sei lasciando in sospeso la frase come dire, riempi i puntini.

Gli è venuta la voglia di dire, ma chi sei te. Gli è venuta la voglia di dire, dammi le chiavi, invece dice il suo nome. Quello dice il suo, e si guardano. Lui dice hai le chiavi. Quello annuisce con la testa, senza dire nulla, proprio come quell’attore.

Quello apre lo sportello del guidatore, sale, ma non si sente un clack forte, ma uno debole, che risuona nel parcheggio deserto lo stesso, ma è un clack morbido, troppo silenzioso per essere la chiusura centralizzata, dove il clack è molto più potente e si aprono tutte le porte insieme, se ne è aperta solo una, lui si avvicina alla portiera del passeggero, la sua, e infatti tocca la maniglia di plastica, che è fredda ma non fredda come potrebbe essere la lamiera del veicolo, tira la maniglia di plastica, è chiuso.
Quello si sporge da dentro, e alza la sicura, che non è un pernetto come le macchine di una volta, ma sta nello sportello interno, lui non vede il movimento che ci vuole per aprire lo sportello, ma lo apre.

Lui apre lo sportello, e guarda quello, che si sistema sul sedile del guidatore, dopo che si era sdraiato per aprire la sicura dalla sua parte, visto che il mezzo non ha la chiusura centralizzata. Non si aspettava certamente il telecomando blip e apri, ma almeno la chiusura centralizzata meccanica con la chiave, quella si.
Prende la sigaretta tra police e indice, da una rapida tirata come se la volesse mangiare, invece che fumare, con avidità, insomma. Poi entra, la butta per terra, la sigaretta ancora mezza intera colpisce il suolo di cemento del parcheggio e da un ultimo, inutile sprazzo di vita, poi rotola via.
Lui si pente di non essere rimasto a terra per spegnere il mozzicone con la punta della scarpa.
Fa una mossa come per uscire, per spegnere la mezza sigaretta che ha finito di rotolare e fuma solitaria, poi rimane come a mezz'aria, avvolto da spire rosa e arancio, le calde e tenere e soffici spire dell'indecisione.

Quello dice: andiamo?

Lui esce dalle spire rosa e arancio, le calde e tenere e soffici spire dell'indecisione, si siede composto, raggiunge lo sportello del furgone, lo chiude. Lui dice, andiamo, si.

Poi pensa che se guidasse lui, almeno salirebbe con le ruote sulla mezza sigaretta, finendola di una fine pietosa.

Inoltre aggiunge, un po’ soprappensiero, come un appunto di un diario mentale, cazzo, ma proprio ora che mi ero acceso la sigaretta.

No comments:

Post a Comment